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Fabrizio De André, poeta ribelle, a dieci anni dalla sua morte è ancora uno dei cantautori più amati, non solo da chi ha vissuto con la sua musica, ma anche da chi scopre oggi la sua passione libertaria. Un rapporto speciale lo ha sempre legato all'anarchismo, che accompagna il percorso non tanto dell'artista quanto dell'intellettuale eretico, del cantore di ladri, prostitute, suicidi, indiani, zingari, omosessuali sempre schierato (secondo una sua felice definizione) "in direzione ostinata e contraria". "Ed avevamo gli occhi troppo belli" (CD Audio cui è allegato un libretto di 72 pagine), con presentazione di Dori Ghezzi, propone nel una versione live di "Se ti tagliassero apezzetti" e l'esecuzione inedita de "I Carbonari", nonché alcuni parlati - registrati dal vivo in diversi concerti - in cui l'inconfondibile voce di Fabrizio affronta i temi esistenziali e sociali a lui cari, dalla solitudine al potere. Nel libretto: articoli, testimonianze e foto inedite. Il cofanetto contiene anche il volume "De André: gli occhi della memoria (tracce di ricordi con Fabrizio)", di Romano Giuffrida, giornalista e coautore del documentario "Faber", in cui è ripercorsa la poetica incrociando i pensieri e le scelte di Fabrizio con il sentire e l'agire libertario di un'intera generazione e in particolare di alcune persone - Aldo Merini, Andrea Gallo, Claudio Lolli, Carla Corso, Giorgio Bezzecchi, Massimo, Tonino Paroli, Stefano Raspa - che qui gli scrivono una lettera ideale.